Il PIL può influenzare la tua pensione futura, lo sapevi?

pensione INPS

Il PIL italiano può influenzare la tua pensione futura. Cosa succede quindi se non cresce? Ormai siamo abituati a sentire notizie poco incoraggianti in tal senso. Molto spesso si pensa che questo dato abbia un impatto remoto per la nostra vita quotidiana: il PIL viene visto come un indice dello stato di salute dell’economia in senso astratto, ma con scarse ripercussioni sul nostro portafoglio.

Ma è effettivamente così? Ad esempio, quanti sono a conoscenza del fatto che l’andamento del PIL italiano oggi è in grado di influenzare direttamente la nostra pensione di domani?

Può sembrare strano ma è proprio così

L’impatto del PIL sulla pensione: come funziona il sistema contributivo

PIL pensionePer comprendere meglio come il PIL possa influenzare l’assegno della nostra pensione futura, ricordiamo per sommi capi il funzionamento del sistema contributivo per i privati.

In sintesi, il sistema contributivo è caratterizzato da due fasi distinte:

  • una fase di accumulo del capitale, durante la quale grazie ai contributi versati si accumula un “tesoretto”, il cosiddetto montante individuale.
  • la fase di erogazione della pensione: verrà erogato un assegno mensile calcolato a partire dal montante complessivo accumulato nella prima fase sulla base del coefficiente di conversione, che varia in base all’età in cui si va in pensione ed all’aspettativa di vita

L’impatto del PIL sulla pensione: il tasso di capitalizzazione

In realtà il montante individuale che andiamo ad accumulare negli anni non dipende solo dai contributi versati: ogni anno il montante accumulato viene rivalutato, grazie al tasso di capitalizzazione, che ha l’obiettivo di attualizzare il montante stesso all’andamento dell’economia italiana.

Il tasso di capitalizzazione è pari alla media di cinque anni del valore del PIL – ed è il motivo per cui quest’ultimo, il Prodotto Interno Lordo, può avere una notevole influenza sul valore dell’assegno che verrà percepito con la pensione.

La variabilità del PIL e del tasso di capitalizzazione

PIL pensioneSe guardiamo la storia recente del tasso di capitalizzazione possiamo renderci conto di come la sua variabilità possa essere significativa, anche a distanza di pochi anni.

Se ad esempio consideriamo gli anni di partenza del sistema contributivo, dal 1996 al 2000, il valore del tasso di capitalizzazione era tra l’1,065 e l’1,055 circa. Parliamo quindi di una rivalutazione del montante tra il 6,5% ed il 5,5% annuo (in discesa in quegli anni, quindi).

Negli anni 2005/2006 il valore era prossimo al 4% di rivalutazione, per poi scendere al 3,3% nel 2010 e crollare negli anni 2013/2014, fino alla “rivalutazione zero” del 2015.

Oggi il valore del tasso di capitalizzazione viaggia attorno al 1,005, con una rivalutazione del montante contributivo pari a circa lo 0,5%.

Possiamo quindi concludere che l’andamento del PIL a dir poco scoraggiante degli ultimi anni ha determinato un ridimensionamento molto forte del tasso di capitalizzazione, fino ad assumere valori tali da azzerare quasi del tutto la rivalutazione del montante contributivo.

Quale può essere l’impatto del PIL sull’importo mensile della pensione futura?

A questo punto è lecito chiedersi: ma alla fine, quale potrebbe essere l’impatto del PIL sull’assegno mensile che percepirò quando andrò in pensione?

Rispondere a questa domanda in generale è tutt’altro che semplice, perché dipende da molti, troppi fattori: quando andrò in pensione? Quanti anni di contributi ho accumulato finora? Quale è stato il mio stipendio negli anni scorsi, e come evolverà da qui alla pensione?.

In pratica l’unico modo attendibile per fare delle stime è riferirsi ad alcuni casi concreti o, meglio ancora, fare una simulazione sulla base della propria situazione personale.

Proviamo comunque a dare un’idea di quale potrebbe essere l’impatto, senza alcuna pretesa di scientificità

Prendiamo ad esempio il caso di un lavoratore che abbia percepito per circa 25 anni uno stipendio medio di 45.000/50.000 euro lordi. Ipotizziamo anche che il suo obiettivo sia di andare in pensione tra altri 15 anni, all’età di circa 65 anni, e che il suo stipendio resti pressoché costante da oggi fino alla pensione.

In questo esempio, una differenza di circa 1% nel tasso di rivalutazione (se lo ipotizziamo costante da oggi fino alla data in cui andrà in pensione) potrebbe determinare una corrispondente variabilità anche di 200 o 300 euro dell’importo netto mensile che verrà percepito come pensione.

Come si può notare, sono valori non trascurabili e che rendono bene l’idea di come sia importante che il PIL cresca in modo soddisfacente nei prossimi anni.

Conclusioni

Capita spesso di trovarsi di fronte a delle simulazioni del tipo “calcola quale sarà la tua pensione”. Bisogna in questi casi fare sempre molta attenzione alle ipotesi che sono alla base dei calcoli che vengono fatti. Ad esempio, la variabilità dello stipendio percepito, oppure, come abbiamo appena visto, le ipotesi legate al tasso di capitalizzazione e, quindi, del PIL.

Come detto, infatti, un andamento virtuoso del PIL nei prossimi anni potrà essere di aiuto per ottenere un valore dell’assegno pensionistico più elevato. Viceversa una simulazione che sovrastimi l’incremento del Pil nei prossimi anni potrebbe portare ad una stima non realistica della pensione futura, ad esempio nel caso in cui l’incremento del PIL resti fermo a valori molto bassi e soprattutto inferiori a quelli ipotizzati nelle simulazioni.